Non c’è niente di più personale delle preferenze musicali, non credi? Ma su una cosa siamo tutti d’accordo: la musica ha il potere di suscitare in noi delle emozioni. Senza aver letto alcuno studio al riguardo, sappiamo per esperienza che ascoltare musica può attivare regioni del cervello collegate all’esperienza di emozioni intense. Chi non ha mai pianto ascoltando un certo brano in un particolare momento della propria vita, qualunque fosse la ragione? Chi non ha mai usato la musica per darsi la carica e correre più veloce, pedalare più forte o ballare più a lungo durante una serata? E, viceversa, chi non ha mai chiesto di abbassare il volume di una musica che non corrispondeva al proprio stato d’animo in quello specifico momento?
Si ritiene che alcune misure che possiamo deliberatamente prendere per ridurre lo stress e influenzare il modo in cui affrontiamo le sfide quotidiane siano in grado di preservare la salute, e la musica nel suo complesso potrebbe essere una di quelle.
Tutti gli organismi evoluti cercano di mantenere l’omeostasi, e le alterazioni dovute allo stress sono una risposta neurochimica e una forma di compensazione per la perdita dell’equilibrio omeostatico. Le risposte biologiche allo stress implicano alcune necessarie alterazioni adattive a breve termine a livello neuroendocrino, metabolico e del sistema immunitario; tali alterazioni sono innescate dal sistema nervoso centrale e periferico e si traducono in uno stato di allerta, vigilanza e maggiore attenzione, inibendo le attività a breve termine non essenziali come la fame, la digestione, la crescita e l’impulso sessuale, e aumentando la frequenza cardiaca e respiratoria al fine di incrementare l’ossigenazione muscolare, nonché l’apporto di glucosio al cervello e ai muscoli scheletrici.
Tuttavia, gli eventi percepiti come “stressanti” e caratterizzati da un elevato livello di gravità, duraturi o di durata non prevedibile, possono portare a disturbi dell’adattamento, depressione e livelli elevati e sostenuti di glucocorticoidi che agiscono come neurotossine nei confronti dei neuroni e delle altre cellule. Il cortisolo favorisce inoltre un’infiammazione cronica di basso grado con esiti avversi a carico della funzione cognitiva e una maggiore predisposizione alle malattie infettive e cardiovascolari, alla demenza e all’Alzheimer.
La buona notizia, però, è che il ritmo musicale influisce sul modo in cui i neuroni del tronco encefalico si attivano, in quanto sembrano sincronizzarsi con il ritmo, uno stimolo naturalmente presente in natura. Un ritmo musicale più sincopato (che imita i naturali segnali di avvertimento: suoni forti a esordio improvviso e con un motivo breve e ripetitivo) modula l’attivazione del tronco encefalico e del sistema nervoso simpatico, aumentando la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa, la temperatura corporea, la sensibilità e la conduttanza cutanea; d’altra parte, la musica rilassante (in natura correlata a suoni gravi e delicati, come i vocalizzi materni, le fusa e il tubare), produce esattamente la reazione opposta, sia negli adulti che nei neonati.
Esami eseguiti utilizzando la tomografia a emissione di positroni per valutare l’afflusso ematico alle varie regioni encefaliche durante l’ascolto di musica hanno mostrato che la musica selezionata dal soggetto si caratterizza per indurre pelle d’oca o brividi in modo sistematico. Al contrario, una musica considerata neutra aumenta l’afflusso ematico all’interno di strutture fondamentali per i sistemi di ricompensa e rinforzo positivo, quali ad esempio lo striato ventrale, il nucleus accumbens, il mesencefalo, il talamo, l’insula, la corteccia anteriore cingolata e la corteccia orbitofrontale.
Risultati simili sono stati ottenuti con il canto, a suggerimento del fatto che la musica preferita di un individuo è collegata ai sistemi di ricompensa del cervello e ai nuclei del mesencefalo, ricchi di oppioidi, noti per regolare le vie inibitorie discendenti del dolore. È stato dimostrato che ascoltare la propria musica preferita per studiare o terminare più velocemente una sutura in sala operatoria aumenta la concentrazione e massimizza gli esiti. Anche nei pazienti umani in fase post-operatoria esposti alla propria musica preferita si sono riscontrati livelli di cortisolo inferiori rispetto ai controlli o alla musica new age selezionata dallo sperimentatore. In definitiva, la scienza sa che le preferenze soggettive sono determinanti.
Non è meraviglioso? Questo significa che scegliere la musica che ti fa bene all’anima, ascoltandola attivamente, ti aiuterà in un modo particolare durante la giornata perché favorirà il rilascio di dopamina ed endorfine, oltre a rinforzare il tuo senso di elezione e la tua motivazione.
Ascolta la musica che ami mentre vai e torni dal lavoro. Ascolta la musica che ami mentre sei in sala operatoria, a patto che non disturbi la ripresa post-anestesia del tuo paziente. Ascolta la musica che ami mentre fai ginnastica, mentre fai le pulizie di casa o quando cucini. Ascolta la musica che ami prima di rilassarti e andare a dormire. Ma soprattutto, qualunque cosa tu faccia, non dimenticarti di ascoltare musica.
Abbiamo preparato alcune playlist musicali per questo progetto, perché crediamo che sia impossibile contrastare il burnout senza la musica giusta. Ti sfidiamo a inviarci le tue liste di canzoni così da arricchire le nostre, sia per rilassarsi a casa che da ascoltare in clinica. Non vediamo l’ora di leggere i tuoi commenti!